Profumo di mosto

Niente più mi somiglia,

nulla più mi consola,

di quest’aria che odora

di mosto e di vino,

di questo vecchio sole ottobrino

che splende sulle vigne saccheggiate.”…

Vincenzo Cardarelli, da “Ottobre”

Le parole di questa poesia mi somigliano, oggi, come tradizione vuole, con un bel bicchiere di mosto ho fatto i dolcetti della nonna; zucchero, farina, mosto, olio, semi d’ anice e tanto amore. Il profumo e il sapore di queste ciambelline mi evocano ricordi lontani, mi tuffano in un mondo tanto caro, credo che tutti noi abbiamo un sapore o un suono che ci regala emozioni vive legate all’infanzia. Possono essere le risate dei bambini che giocavano insieme a noi, le parole della mamma prima di addormentarci, il ritornello di una canzone tanto amata. Non ha importanza quale esso sia, all’udire quel suono, quel profumo, il cuore ci sobbalza e ci pervade un senso di gioia.

Perché non raccontiamo qual’ è il nostro ricordo…

Oggi la mia amica Marirò  ci ha portato questo bellissimo regalo, grazie di cuore!!!

 

 

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34 risposte a Profumo di mosto

  1. SETTIMIA ha detto:

    Domenica 24 ottobre 2011, mio marito, io (la cuoca!!), la mia vicina d’appartamento: signora novantenne, bella, simpatica e golosa, abbiamo assaggiato e lodato GIRASOLE per la sua semplice ma buona ricetta della torta di mele.
    Il gusto della cannella ha valorizzato questo facile e buon dolce, che rimane morbido anche dopo qualche giorno e che ha deliziosamente profumato la casa.
    E allora? Bene anche alle proposte culinarie semplici, che unitamente alle belle letture, alle poesie, alla cultura…. allietano la vita e veicolano la migliore cucina del mondo: LA CUCINA ITALIANA.
    Grazie a Girasole, grazie a Lucia per la molteplicità del suo blog, con simpatia
    SETTIMIA.

    • luciabaciocchi ha detto:

      Settimia che piacere rileggerti, sicuramente avrai realizzato una torta squisita, ora devi fare le ciambelline, la mia ricetta è quella della tradizione Montefalchese!!!
      Saluto te e Gerardo, a presto 🙂

  2. franco muzzioli ha detto:

    Vedo che “viaggiano ” le ricette …provo a darvi quella dei “sughi”
    Si prende un litro di succo d’uva (ovviamente nera ,per i “sughi” neri e bianca per i “sughi” bianchi) (noi usiamo uva lambrusco o malvasia, ma penso che possano andar bene tutte le uve.) Si prendono poi 80 g.di farina e due cucchiai di zucchero. Si mette il tutto in una terrina assieme a 1/2 litro del succo precedentemente preparato , mescolando molto bene in modo che non si creino grumi .Stemperato bene il tutto si mette sul fuoco continuando a mescolare con un cucchiaio di legno e unendo pian piano l’altro 1/2 litro cercando di ottenere un composto omogeneo e liscio . Si fai bollire dolcemente il tutto mescolando spesso per circa 1 ora , poi si versa in ciotole individuali lasciando raffreddare. Si può conservare la preparazione in frigorifero…i sughi sono ottimi a temperatura ambiente.
    Sono morbidi, accattivanti e leggermente lassativi.

    • luciabaciocchi ha detto:

      Grazie per questa ricetta insolita, proverò con il mosto di Sagrantino, penso vada bene, mi incuriosiscono gli effetti di questi dolocissimi sughi, non ho capito bene se si servono come un dessert..
      Un saluto carissimo 🙂

  3. Diligente, ho letto tutti i commenti , la tua pagina è perfetta dall’immagine alla poesia dai profumi e dai sapori che evoca. Mi dispiace ,non riesco a ricordare nulla di cosi’ intenso da doverlo evocare , mi sono chiesta se sono arida di ricordi, ci sarebbe qualcosa , forse….. ma è privo di sapore…..di odore.Eppure sono ben viva , ma sono cosi’ proiettata nel presente che tutto il resto è un bagaglio, ben costudito ma chiuso. Sono arrivata a questo stato dopo un lungo percorso, ho pareggiato con il mio passato, sono in pace , serena , e se guardo indietro è senza emozione; il ricordo scorre e si sfuma ………………….. ciao un piacere farti visita ,ciò scaturisce sempre una riflessione.

  4. semplice1 ha detto:

    Mosto… a solo a leggere e scrivere questa parola mi viene l’acquolina in bocca e mi torna alla mente quell’odore speziato di cannella e uva cotta tipico della mostarda. Da noi in Sicilia la mostarda è cosa diversissima dalla mostarda nordica a base di senape e frutta candita. La facevamo sempre in occasione della vendemmia, si faceva bollire il mosto insieme ad un pugnetto di cenere( rigorosamente ricavata da tralci di vite), poi si faceva riposare tutta la notte, l’indomani si filtrava il tutto attraverso un panno a trama finissima, si rimetteva a ribollire e riposare per un’altra notte, l’indomani rifiltraggio e poi si aggiungeva amido, zucchero o nulla o pochissimo, poi quando si addensava si aggiungeva cioccolata fondente, mandorle tostate e cannella. Una bontà incredibile… se ne toglieva un bel pò per mangiarla fresca ( ricordo ancora il piacere che provavo quando da piccola conquistavo la pentolona ormai vuota, da leccare) e la rimanente si metteva in formine di terracotta, poi freddata si scaravoltava e si faceva seccare al sole sui musciari ( vassoi di cannucce) coperti di un velo. Diventa nerissima, elastica, e rimane incredibilmente profumata. La mostarda secca insieme a fichi secchi e noci costituiva il pranzo che i contadini di qualche tempo fa. Muhhhhuuummm che mi hai riportato a galla!!!! Grazie 😉

    • luciabaciocchi ha detto:

      Vera ne ero certa che avresti parlato del mosto in modo appassionato mettendoci dentro tutti i ricordi dell’infanzia, devo ammettere che in questo articolo la SICILIA ha un posto d’onore, tu,Marirò,Nino e Lorenzo l’avete osannata come giustamente merita.
      Un abbraccio 🙂

  5. girasole ha detto:

    Cara Lucia , lascio volentieri qui da te la ricetta della torta. E’ molto semplice (non sono una gran cuoca… ma questa torta mi viene sempre bene, quindi quando devo andare sul sicuro…ricorro a lei) E’ la torta che faceva mia mamma e ogni volta che la faccio e sento il profumo mentre cuoce e poi quando la mangio è una sensazione di calore e tenerezza molto forte…bella…forse per questo la faccio spesso…
    Ciao e un abbraccio 🙂

    4-5 mele
    350 g. farina
    1 pizzico di sale fino (ma proprio un pizzico…)
    100 g. burro
    3 uova
    150 g. zucchero
    il succo di un limone
    mezzo bicchiere di latte appena tiepido
    1 bustina di lievito per dolci
    zucchero a velo
    cannella (più o meno due cucchiaini)

    Taglio le mele a dadini e le bagno col succo di limone per non farle annerire
    Lavoro le uova con lo zucchero poi ci aggiungo il burro sciolto a bagno maria.
    Aggiungo poi la farina poco alla volta, il sale, la cannella, il lievito e il latte sempre mescolando. Infine aggiungo le mele amalgamandole bene.
    Poi in forno a 180 per circa 50 minuti

  6. Vito M. ha detto:

    Ciao Lucia, sono appena rientrato nel blog dopo un periodo di assenza dovuto ad un dolce motivo. Ti ringrazio per i saluti nel mio blog.
    Questo tuo post mi ha riportato ad atmosfere che ricordo benissimo, quell’odore di mosto che invadeva le strade, sembra donare allegria al solo annusarlo.
    Peccato che sempre meno questo accade oggi, anche se tutto sembra sia rimasto impresso in me con carattere di realtà di realtà.
    Ti auguro una buona serata, con amicizia, Vito

  7. scanazzatu ha detto:

    Cara Lucia, un post molto profumato questo che hai messo, porta le sensazioni delle cose semplici di una volta. Non è nostalgia, ma qualcosa di bello che ha fatto parte della mia vita e che tengo gelosamente conservato nel cuore. I profumi di una felicità semplice ed intensa da tramandare ai nostri figli,
    Un ricordo in particolare mi ritorna in mente leggendo, posso di nuovo sentire il profumo dei biscotti che mia nonna faceva, e che nascondeva per evitare che mangiandone troppi mi venisse il mal di pancia.
    Grazie Lucia, per questo splendido fleshback.
    Nino

    • luciabaciocchi ha detto:

      Grazie a te Nino, che lasci nel mio blog i tuoi pensieri sempre molto graditi, ho piacere che hai apprezzato il post di Maria Rosaria, splendida siciliana, che come te, ci fa conoscere la sua terra.
      Un saluto affettuoso

  8. giuliano ha detto:

    Una persona come me, che ha “vissuto”molte primavere”, i ricordi sono tanti e quelli sul vino…
    Quante cose ci sarebbero da raccontare sul vino , solo sogni e ricordi, attese e suggestioni: briciole di storie. Un mare di briciole.
    Manarola (cinque terre) è un piccolo borgo con case addossate l’una sull’altra. Ognuna è di colore diverso, come una tavolozza che splende al sole con colori vivaci e luminosi che sfuma in delicati toni pastello:
    Lo sciacchetrà è un vino passito che racconta una storia lontana, la stessa origine del suo nome deriva probabilmente da “shekar”, un termine semitico molto antico indicante delle bevande fermentate, ma è anche il degno rappresentante di un territorio contadino costruito pietra su pietra.
    Il profumo del mosto?Credo di averla imparata alle medie.
    San Martino del Carducci:
    La nebbia agli irti colli
    piovigginando sale,
    e sotto il maestrale
    urla e biancheggia il mar;

    ma per le vie del borgo
    dal ribollir de’ tini
    va l’aspro odor dei vini
    l’anime a rallegrar.

    Gira su’ ceppi accesi
    lo spiedo scoppiettando:
    sta il cacciator fischiando
    su l’uscio a rimirar

    tra le rossastre nubi
    stormi d’uccelli neri,
    com’esuli pensieri,
    nel vespero migrar.

    • luciabaciocchi ha detto:

      Mi fa piacere leggere questi versi del Carducci che descrivono, in modo quasi fedele, le scene delle piccole vie del mio paese dove ho trascorso la mia gioventù. Eccetto il mare, il profumo del vino nelle strette vie lo ricordo molto bene, i cammini accesi durante tutto l’inverno freddissimo ancora scaldano i miei pensieri, mi è rimasta anche un po’ della malinconia del cacciatore…
      Un saluto affettuoso 🙂

  9. sonoqui ha detto:

    Ciao Lucia, Che bel post ..come sempre.
    Però questa volta oltre alla bellezza, ha lasciato una scia di odori d’altri tempi.
    Odori che mi riportano ai dolci natalizi della mia amata nonna.
    Mosto cotto, castagne, farina, miele, e tanto amore.
    Grazie Lucia
    Buon fine settimana
    Gina

    • luciabaciocchi ha detto:

      Gina fra poco, in occassione della festività dei Santi, preparerò un dolce di Spello e Assisi, la famosa “ROCCIATA”, uno strudel particolare fatto dalle donne umbre con ingredienti semplici della campagna, t’ invierò la ricetta, sicuramente ti evocherà l’infanzia.
      Un saluto affettuoso 🙂

  10. mariella ha detto:

    Un ricordo che mi viene in mente è quello in cui mia mamma faceva le caramelle in casa; la ricetta era semplice: dello zucchero surriscaldato in un pentolino facendolo sciogliere, e poi vi versava delle mandorle (prima fatte stare un po’ al forno per tostarle..). Mescolava poi le mandorle assieme allo zuccero sciolto, e subito dopo dal pentolino versava il tutto su una lastra del marmo della cucina (oleata con un po’ di olio per non fare attaccare lo zucchero liquido.. ), lasciando che il tutto si raffreddasse. Poi, lo tagliava a pezzetti e noi come familgia lo mangiavamo a tempo perso 🙂
    Ciao Lucia!

    • luciabaciocchi ha detto:

      Mariella brava, li facevamo anche noi questi croccanti, da noi si chiamano così, che piacere morderli! Mi hai fatto ricordare piacevoli momenti e profumi della mia infanzia..
      Buon fine settimana 🙂

  11. franco.muzzioli ha detto:

    Da noi, in terra modenese ,dove il vino abbonda, prepariamo con il mosto d’uva:
    “i sughi” – specie di mosto cotto con farina e zucchero….e…
    “al sàvor” – marmellata di mosto e pere “volpine”-
    Sono squisitezze , che non so se da altre parte si possono trovare.

  12. girasole ha detto:

    Quanto è vero! Nulla come i profumi e i suoni sanno portarci indietro nel tempo… Se penso all’autunno, la prima cosa che mi viene in mente è il profumo delle castagne che mia madre tutti gli anni preparava appena era possibile trovarle. Vivendo in città non ho avuto la fortuna di partecipare a tutti quei riti legati alle attività, come appunto la vendemmia. Credo di essermi persa molto… I tuoi dolcetti devono essere buonissimi, mi piacerebbe provare a farli ma ahimè…la mia non è zona di uva e il mosto…dove lo trovo? 😦
    In compenso essento il mio paese nella “Terra della mela” in questi giorni vado… a torte di mele…
    Ciao e un abbraccio

    • luciabaciocchi ha detto:

      Carissima amica fai cosa gradita, se ci fai conoscere la ricetta della squisita torta di mele e di tutte le senzazioni che provi mangiandone una bella fetta!!!
      Un saluto carissimo 🙂

  13. ili6 ha detto:

    Il cesto d’uva

    Questo tuo post mi ha dato modo di rileggere i miei ricordi e …vabbè …un pò ci si emoziona sempre a rileggersi …
    Se avrai tempo di leggere il mio vecchio post…quest’anno la signora Antonietta non è venuta a portare il cesto d’uva e non preparerà la mostarda che mi piace tanto. Pesanti problemi di salute glielo stanno impedendo e domenica prossima andrò io da lei con il cesto d’uva.
    Sì, decisamente ci si emoziona.
    Ciao. grazie.

    • luciabaciocchi ha detto:

      Invito tutti gli amici del mio blog a leggere il post di Marirò, bellissimo racconto di una Sicilia anni 60, pieno di profumi. emozioni, personaggi ancora vivi nella memoria di tutti.
      Rito bellissimo, quella della pigiatura dell’uva, festa per grandi e piccini, la mostarda squisita, una prelibatezza…..
      Un abbraccio!!! 🙂

      • ili6 ha detto:

        mi commuovi e sarebbe davvero bellissimo gustare un bel grappolo d’uva con te e con gli amici del tuo salotto.
        Baci, ciao

  14. popof1955 ha detto:

    Di questo tuo post che mi piace proprio, ancor di più mi piacciono i commenti.
    Fino all’età lavorativa son vissuto in città, la vendemmia è solo nel racconto degli altri, e qui dove vivo, c’eran delle viti sino a dieci anni fa, però tornavo a casa che il raccolto era già stato fatto e comunque il ciclo non si completava sul posto. Ma non è mai troppo tardi, appena avrò un ottobre libero vengo a raccoglier l’uva. Promesso. 😀

  15. lucianaele ha detto:

    Ho sempre trascorso parte delle vacanze estive dai miei nonni, in campagna nella Langa Astigiana.
    Ho ricordi bellissimi: la vendemmia, la pigiatura dell’uva….con i miei cugini ci si divertiva moltissimo.
    Mi sono sempre rimasti nel cuore quei profumi, quei colori, quelle risate…….e quanta nostalgia.
    Ma la ricetta delle ciambelline…..ce la dai?
    Buon pomeriggio,
    Luciana

    • luciabaciocchi ha detto:

      Luciana ecco la ricetta, è un segreto ma per gli amici del blog lo svelo.
      Unità di misura una tazza da caffè.
      Versate la farina sul tagliere, formate una montagnetta con un buco al centro su cui versate:
      1 tazza di zucchero, 1 tazza di olio d’oliva, 1 tazza di mosto, semi di anice o uvetta a scelta, 1 cartina di lievito.
      Impastate e formate delle ciambelline che rotolerete nello zucchero, infornate in forno caldo per 20 minuti.
      Ricetta semplice, desunta dalla tradizione contadina, ma di grande risultato.
      Un saluto affettuoso 🙂

  16. Giulio Salvatori ha detto:

    Essere nati e cresciuti in un piccolo paese affondato fra boschi centenari di castagni, di ricordi ne affiorano un’infinità. Una volta (purtroppo si dice sempre così), c’era il tempo della rimonda, appena i castagni mettevano i piccoli ricci, il sottobosco veniva tutto ripulito e rastrellato. Ecco che appariva un immenso giardino. Gli uomini tagliavano le sterpaglie e le donne segavano il -rusco- Piccole eriche , mirtilli, etc; così, la castagna quando cadeva, non si arrestava lungo il poggio, ma rotolava nel ripiano.tutta il tritume, veniva accumulato e ricoperto di terra ai piedi dei castagni. Era, col tempo, concime per la pianta.La stessa cosa avveniva nel paese dell’altra sponda, che in linea d’aria era poco distante. E qui , le donne e anche gli uomini, cantavano stornelli provocanti all’indirizzo della gente del paese vicino, la quale rispondeva in rima – ( Il grande scrittore versiliese Enrico Pea , lo scriveva spesso nei suoi libri) ” La gente dei monti canta in rima e si commuove”- Ricordo uno stornello che diceva :- oh muso nero, se veni alla fontana te lo lavo, se veni alla fontana te lo lavo, col cencio da dar in terra te l’asciugo – E continuavano ore e ore a rispondersi , finchè il campanile non diceva che era ora del riposo.E noi bambini, s’apprendeva l’arte povera che t’avvicina alla natura e, soprattutto a conoscere le piante e la qualità delle castagne .Per adesso Lucia mi fermo qui. Grazie per avermi aperto una finestra sul passato

    • luciabaciocchi ha detto:

      Giulio, con la maestria che ti compete,ci hai fatto conoscere un castagneto della tua amata Versilia, abbiamo percipito l’odore del sottobosco, visto le castagne rotolare lungo i pendii e ascoltato gli stornelli provocanti delle donne, ma soprattutto una lezione di come si deve rispettare e amare la natura, grande dono che ci è stato affidato e che dobbiamo conservare.
      Un saluto affettuoso 🙂

  17. Lorenzo D'Agata ha detto:

    Si andava in campagna, io e mio fratello, con i genitori, quando eravamo ragazzi. Un pezzo di terra a due passi dalla città. E si stava una quindicina di giorni, con il lume. In genere lo si faceva in settembre, ma qualche volta andavamo anche nei giorni di Natale. E gli odori erano tanti e parlavano alla fantasia. Per esempio, quello delle stalle, dove si assisteva in religioso silenzio al mungimento delle mucche: quanto erano leste e abili le mani di quel ragazzo o due. Oppure quando si stava vicino al forno a sentire gli odori dei polli infornati: erano diversi, diversissimi da quelli della citta. E dove lo mettiamo l’odore dei biscotti, anche quelli confezionati con il vino dolce? O del pane croccante intrecciato? I ricordi si accavallano, si annacquano. Avvenne quell’anno quando si bruciò tutto e tutti facevano finta di niente rincuorando la zia? Fu allora che si uccise il maiale ed io scappai come un coniglio spaventato e inorridito? E le corse nel patio, e le cadute con sbucciature ai ginocchi e pianti. Tempi incantati, ricordi, ricordi. Le nostre radici.

    • luciabaciocchi ha detto:

      Come sempre Lorenzo commenta il mio articolo, questa volta lo definirei leggero, in maniera egregia. Potrei definire queste righe una traccia di un film di Tornatore nella Sicilia degli anni 50, ci sono tutti gli ingredienti, la casa di campagna, il rito del pane, la stalla con i suoi profumi, i coetanei…e soprattutto un ricordo indelebile di un mondo lontano.
      Ti saluto e ringrazio

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